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Questo sito si propone innanzi tutto di dare la voce a degli esseri perseguitati che la voce non ce l’hanno.

Si tratta dei colombi torraioli, detti anche piccioni.

Quando sono perseguitati dai falchi non ho niente da dire.  Ho da dire quando i loro persecutori sono della mia stessa razza e di voce ne hanno molta, tanta più di me. A frequentare questo sito sono invitati tutti quelli che amano i colombi e anche tutte le altre forme di vita del Creato.  Ma possono accedervi anche quelli che non le amano.  Si può pensarla diversamente; basta però essere aperti ad un dialogo corretto e a lasciarsi convincere quando gli argomenti sono buoni. Questo sito è anche ambizioso perché si propone un paragone critico fra gli aspetti della vita odierna e quelli del passato; e di ritrovare insieme a chi lo frequenta, le nostre radici: le più vicine le più lontane. Tutti quanti noi siamo il prodotto di vite precedenti che hanno stampato nel nostro D.N.A. le loro capacità insieme ai loro difetti…………. E siccome “ la lingua batte dove il dente duole “: il D.N.A. ce  l’hanno anche i colombi. Per questo motivo resistono nelle nostre Città invivibili, a fare il miracolo di ancora un po’ di vita diversa dalla marea umana.

E stavano ancora lì, quei pochi rimasti, al piede di quel lampione al centro di piazza Garibaldi, nell’ormai lontano Dicembre 2001, a sette anni dall’entrata in vigore dell’Ordinanza che li condannava a morte mediante la tortura della fame al freddo. Stavano ancora lì ad aspettare le mamme e le nonne con i passeggini carichi di bambini che gli davano da mangiare e poi giocavano con loro.Anche oggi è passato e non sono venuti……….Ma forse torneranno domani……….. domani………………. domani……Fino all’ultimo non perdono la speranza perché ce l’hanno stampato dentro l’amore secolare con l’uomo e non riescono a convincersi che questo amore, senza nessun motivo al mondo, dall’uomo è stato tradito.

Qui si narra tutta la verità intorno al colombo torraiolo detto anche piccione: questo sconosciuto.

Questo sito non è protetto perciò si potranno scaricare gratuitamente tutte le storie dei colombi.

Mentre per i libri, che sono in PDF, altrettanti gratuiti, occorrerà cliccare su Narrativa.

TUTTA LA VERITA’ SUL COLOMBO DETTO ANCHE PICCIONE

La territorialità dei grandi felini è molto nota.

Sono altrettanto territoriali i colombi: ogni piazza ha i suoi.

E per dargli da mangiare bisogna girare tutte le piazze.

TUTTA LA VERITA’ SUL COLOMBO DETTO ANCHE PICCIONE

I colombi sono fra gli animali più puliti del creato.

Appena trovano un po’ d’aqua, anche in inverno fanno il bagno.

TUTTA LA VERITA’ SUL COLOMBO DETTO ANCHE PICCIONE

IL COLOMBO CHE BELLO, IL PICCIONE CHE SCHIFO

Il termine scientifico che identifica questo uccello è COLUMBA LIVIA , che tradotto dal latino in italiano significa Colomba Livida.

Il termine Livida è per identificare l’uccello dal piumaggio iridescente che ha sul collo e che in un misto di colori ne forma uno livido.

Però taluni esemplari presentano colori diversi preferibilmente sul marrone e gli esemplari albini sono bianchi.

Perché la Columba Livia ha due nomi volgari: colombo e piccione?

E da quando ?

Esattamente da quando non lo so dire.

Da quando dunque non si sa, ma deve essere successo in un momento imprecisato della storia, che un cuoco si accorse, con orrore, che stava facendo il ragù per la bomba di riso con la raffigurazione dello Spirito Santo!

Tutti quanti noi cattolici siamo andati in parrocchia da bambini a studiare la dottrina per fare Cresima e Comunione.

Cos’è che plana ad ali spiegate con una fiamma sotto ed è bianca come la neve ?

Una colomba!

Aveva ragione quel cuoco! Non si poteva continuare a fare quel ragù!

Nello stesso tempo però conveniva davvero smettere di mangiare una prelibatezza?

Pensava qualcuno un po’ meno sensibile.

Quando si formano dei partiti ce sempre chi si dà  da fare per trovare una soluzione.

Ma quando si tratta di faccende di cucina è facile che la gente perda il lume della ragione.

Basta vedere cosa è successo in televisione .

In concomitanza con gli ONOREVOLI che dicevano: – c’è molta gente che non arriva alla fine del mese.

Sono cominciati i programmi di cucina.

E in  un crescendo  Wagneriano più gli Onorevoli parlavano di gente affamata e più si moltiplicavano i programmi culinari fino all’apoteosi della “ Prova del cuoco “ dove due chef si sfidano giornalmente in un duello all’ultimo sugo.

Prima ho cominciato a spegnere la televisione nei programmi di cucina, poi l’ho spenta nei programmi amichevoli, poi l’ho spenta …….. del tutto e ho preso in mano un buon libro.

Tornando ai colombi, quando non si sa, però avvenne che, per continuare a fare la bomba di riso con il ragù giusto si adoperò ancora il colombo ma lo si chiamò piccione.

Se c’è un uccello diverso dal colombo è il piccione.

Il colombo è cittadino, nidifica nelle cavità dei muri il più in alto possibile e infatti è detto torraiolo.

Il piccione è selvatico, vive nei boschi dove nidifica nelle biforcazioni dei rami.

Il colombo cammina.

Il piccione saltella.

Il colombo pur vivendo libero è mansueto e amorevole, se ben trattato prende il becchime dalle mani.

Il piccione è selvatico e l’unico modo di prenderlo è a fucilate.

Il colombo ha il collare di piume iridescenti, ma può essere bianco.

Il piccione è solamente bruno.

Ma benché appunto, anche in questo caso del ragù contestato, l’uomo avesse dato prova d’aver perso il lume della ragione, la cosa prese piede perché tutte queste differenze spariscono quando il colombo è spennato sul banco del macellaio.

Per l’uomo è tutta una questione di abitudine e pian piano il termine piccione divenne abituale e si chiamò persino PICCIONAIA quella parte del teatro là in alto.

Si in alto come i nidi dei colombi torraioli.

Il tiro a volo per il quale si utilizzavano i colombi allevati nelle Colombare e non certamente i piccioni selvatici imprendibili vivi, venne battezzato “Tiro al Piccione “ salvando così l’immagine della colomba della pace dall’essere presa a fucilate.

E man mano, quando c’era e c’è da lagnarsi non può essere il colombo il colpevole; il colpevole era ed è sempre il piccione.

Il che si potrebbe sunteggiare in:

IL COLOMBO CHE BELLO – IL PICCIONE CHE SCHIFO

E io l’ho proprio sentire dire  una volta da una ragazza che guardava con disgusto i colombi ai quali avevo appena dato da mangiare.

Stupisce che chiamino piccioni quelli viaggiatori che sono bestie stupende, più grosse e più alte del colombo torraiolo delle città.

Però sono i colombi torraioli i tris nipoti di quelli che partivano dalla città assediata e andavano a chiamare gli amici distanti.

Ma questa è un’altra storia e ve la racconto la prossima volta.

SE UN COLOMBO TI SPORCA LA GIACCA O IL CAPPELLO, PORTA MOLTA FORTUNA

Qui si tratta dei colombi detti anche piccioni ovvero della fortuna

Una mattina di un po’ di anni fa mi ero messa in viaggio per andare da Parma a Brescia in autostrada.

Dopo due kilometri dalla partenza un gatto nero, anche bel grosso e dall’andatura lenta, ma non mi  va ad  attraversare la strada?!

Cosa faccio . . . .

Ma proseguo, cavoli, non mi farò condizionare dalla superstizione alle soglie del duemila ?

Al mattino il sole, per tutta l’andata mi ha delicatamente scaldato la guancia destra.

Al pomeriggio, al ritorno, il sole era cambiato, bruciava, ma era sempre su quella povera guancia destra.

Il giorno dopo avevo la guancia gonfia e rossa come un pomodoro; e da allora devo portare sempre occhiali e cappello perché sono diventata fotosensibile.

Allora finalmente ho capito come si doveva interpretare la “superstizione “ del gatto nero che ti attraversa la strada.

Non porta scalogna, al contrario ti avverte che su quella strada ti attende la sfortuna.

Infatti il sole mi avrebbe arrostito la faccia alla stessa maniera, con o senza gatto nero.

A questo punto mi rendo conto che i gatti sono ancor più diversi dai colombi dei piccioni; ma benché non sembri, sono già entrata nel tema perché è una forma di superstizione anche il detto Se un colombo ti sporca la giacca o il cappello, porta molta fortuna “

Questo detto che per tanti anni ho creduto parmigiano, ho scoperto invece essere internazionale come le rose rosse.

E proprio nel fatto che è internazionale c’e la prova che è vero; piccola o grande che fosse, dopo l’intervento del colombo su giacca e cappello, .la fortuna era sempre arrivata.

Però può anche esserci stata la volontà di qualcuno dei nostri predecessori, di quelli che amavano vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto e voleva mitigare il nervoso di chi si era visto sporcare la giacca nuova o il cappello “ Borsalino “.

Di quelli che, sempre per trovare il lato buono dicevano a chi si sfregava la suola contro il bordo del marciapiede brontolando: – Ma non lo sai che pestare la merda di cane porta fortuna? – Onestamente per quanto riguarda i cani non posso portare argomenti, né pro né contro.

Per quanto riguarda invece i colombi detti anche piccioni e per chi è religioso c’è un detto ancora più interessante: se c’è un volo di colombi attorno al campanile , quella città o quel paese sono benedetti dal Cielo.

E poi ce un ulteriore fortuna molto antica che è arrivata per forza ai giorni nostri.

Io questa storia antica l’ho raccontata un po’ di anni fa a uno dei pochi contestatori che alla fine, dopo aver detto: – Comune, multe, malattie, monumenti, davanzale e grondaia. –

Straordinariamente ti lasciano dire la tua.

Naturalmente ne approfitto per tentare una conversione, perché comincio appunto dicendo: – Vuole scommettere che alla fine Lei va in casa a prendere una tascata di briciole? –

Non smontata dallo scetticismo che ho letto sulla sua faccia:  – Si tratta del Medioevo, di quando i Signori si facevano visita nelle rispettive città e fra i molti doni preziosi che recavano c’era sempre una gabbietta contenente dei colombi.

I colombi stranieri venivano alloggiati nella colombara, dalla quale uscivano un po’ di colombi da regalare agli ospiti alla partenza.

Questo dono che all’apparenza, fra tutti gli ori, gli argenti,le gemme, i drappi rari e gli animali esotici, poteva apparire il più modesto, avrebbe avuto invece un valore inestimabile quando la Città fosse stata assediata prima di poter mandare messi a chiedere l’aiuto degli amici distanti.

E parecchi erano i colombi che venivano liberati perché i nemici sapevano il motivo e tentavano di sterminarli con le frecce.

Alle Città che non riuscivano a chiamare aiuto, quando finivano i viveri, non restava che aprire le porte al nemico; perché si preferiva qualsiasi altro tipo di morte a quella per fame, che è una tortura orrenda.

Si può immaginare la festa dopo lo scampato pericolo e la Riconoscenza Grande  verso quegli straordinari colombi che avevano percorso enormi distanze, sfidando traversie di ogni sorta e avevano salvato la Città.

A questo punto è intervenuto il contestatore gentile: – Bella storia ma troppo antica; cosa c’entriamo noi col Medioevo? –

Ma come, scusi, hanno salvato i nostri trisavoli ! –

Il gentile: – Guardi che i trisavoli ce li hanno avuti solo i nobili –

Io – Solo i nobili?! Ma tutti quanti noi siamo l’ultimo anello di una lunga catena!

Il gentile, ma inconvertibile: – Bella anche questa dell’anello, Lei le favole le racconta bene, ma se dovessi dirla a mia moglie quando strepita che deve pulire il davanzale … –  Ha concluso andandosene.

La sua gentilezza straordinaria fra i contestatori di chi da cibo a delle bestie affamate mi aveva colpito tanto che l’ho lasciato andare in pace senza contestargli, a mia volta, che sua moglie il davanzale lo doveva pulire comunque tutti i giorni perché nero di smog.

I trisavoli ce li hanno avuti solo i Nobili . . . mi ronzava nella mente quel pensiero di straordinaria ignoranza moderna ……

Ma chi erano i Nobili ? E come si erano differenziati dagli altri ?

C’era un caso limite, ma emblematico fra i vari tanti modi con cui si poteva arrivare a fregiarsi di un blasone.

Drake, il famigerato pirata inglese, divenuto Sir, ovvero baronetto ….

E  mi sono accorta di avere iniziato il pezzo parlando di Signori.

I signori erano spesso Nobili, ma non sempre.

I Medici, ad esempio, erano stati prima grossi mercanti e poi grossi Banchieri.

Ma c’è un’altra categoria di Signori.

Io  uno l’ho trovato alla guida di un autobus,  ma questa è un’altra storia e ve la racconto la prossima volta.

Alla vigilia di natale del 2001 mi trovavo a transitare sotto i portici, cosiddetti  “Del Grano“, prospicienti piazza Garibaldi, diretta in via Mazzini per compere.

Appena fuori dai portici, ho sentito un colpo in testa ed è caduto a terra, davanti ai miei piedi, un colombo.

Era morto stecchito, ma quello che più mi stava impressionando era il peso; più leggero di un passero.

Una signora che stava lì vicino in attesa dell’autobus, deve avermi letto in faccia perché senza che le dicessi niente:

Si – ha detto; li fanno morire di fame –

E io stupidamente: – Ma chi? –

La signora: – Il Comune –

E io : – Ma han sempre fatto senza il Comune, gli han sempre dato tutti da mangiare –

La signora: – Ma Lei non è di Parma allora, se non lo sa –

No, io sono di Parma, però è vero che è da un po’ di tempo che sono andata ad abitare fuori città.

E la signora: – Altro che un po’, è dal 1994 che il Comune non gli da più niente ai colombi, ma quel che è peggio è che proibisce alla gente di dargli da mangiare.-

E io, che quella mattina parevo aver radunato in me tutta la stupidità dell’Universo: – Il Comune . . . . il Comune che proibisce .

E la signora:  – Altroché se proibisce:  a suon di multe! E salate !

Io esterrefatta.  – La multa alle mamme e alle nonne che portano i bambini a dare da mangiare ai colombi e a giocare con loro ?! Ma non è possibile. ! –

E la signora: – Altroché se è possibile. Peccato che stia arrivando l’autobus . . . . ne avrei da raccontare . . . –

Sono rimasta lì, con il colombo morto in mano, un colombo che, pesava meno di un passero e finalmente ho visto la stranezza: la piazza intorno al lampione, dove mia nonna mi aveva portato tante volte a sfamare i colombi, deserta.

No, deserta di gente, ma tre colombi c’erano, gonfi  dal freddo . . . . e tutti e tre avevano almeno un paio di artigli mozzi.

Erano un po’ di anni che non la facevo più, ma si è risvegliata in me la Guardiacaccia: I maledetti bracconieri dell’abitato!

In Italia la parola “ bracconiere “ è sempre difficile da pronunciare e ancora più difficile da scrivere, sui giornali.

Una volta, ho visto sul giornale a tiratura nazionale che prendevo più volentieri un po’ di tempo fa; ho visto, dicevo, su quel giornale la fotografia di due grossi e grassi e all’apparenza parziale anche piuttosto vecchi bracconieri che si pavoneggiavano vicino ad un magnifico cervo morto appeso per le zampe posteriori.

Perché apparenza parziale ?

Perché i due vecchi bracconieri, denunciati, avevano la faccia oscurata come fanno per i minorenni !

Eppure dopo i mostri di Firenze, di che lana andassero sempre vestiti i bracconieri lo si doveva avere capito, o no!

Ma a ben pensarci, non era stato proprio il menefreghismo nei loro confronti a permettere tutti quegli omicidi notturni ?

La gente sentiva sparare di notte, ma invece di correre fuori a chiamare le guardie, si voltava dall’altra parte dicendo: – saranno cacciatori –

Se ne fregavano delle bestie ammazzate e invece erano i loro figli.

Perché come dicevo più sopra, la parola bracconiere in Italia non esiste.

Però i bracconieri esistono, eccome e anche quelli dell’abitato.

Io stavo in viale delle Rimembranze dove c’erano delle piante molto alte e molto folte che avevano un nome scientifico “ cestis australis “ noi bambini le chiamavamo dolci-dolci, dai fruttini col seme, ben sporchi di tutto, che ci mettevamo in bocca di nascosto . . . .

Sto andando un po’ troppo indietro nel tempo e nei luoghi.

Torno in piazza Garibaldi alla vigilia di natale del 2001 e da lì, visti i tre colombi macilenti e affamati, sono corsa in via XXII luglio dove c’era la drogheria Vignali.

Chiusa!

Da lì in due salti in via Farini dove c’era sempre stata un’altra grossa drogheria. Chiusa !

Restava la Ghiaia.

E lì  finalmente ho trovato il becchime da portare in piazza.

L’ho vuotato sotto il lampione dove di colombi ne sono arrivati famelici altri quattro o cinque. Sicuramente meno di una decina di colombi sparuti e quasi tutti con le zampe mutilate.

Li ho guardati mangiare voracemente , con le ali spiegate, come fanno sempre quando hanno una gran fame.

In due secondi non c’era quasi più niente.

Stavo per andarmene, quando arriva una donna.

Niente divisa, ma con l’aria di poterlo fare, mi apostrofa severamente: – Signora, ma non lo sa che è proibito?! –

E segna con riprovazione i colombi sparuti che stanno mangiando.

Ed io: – proibito che cosa ? –

La donna spazientita: – Quello che ha fatto, dargli da mangiare! –

Ed io – Perché ? –

Lei : – Perché c’è un ordinanza.

E io: – Ordinanza di chi? –

La donna: – Ma di chi vuole che sia l’ordinanza, del Sindaco –

Io: – Ma davvero un Sindaco si interessa di questi tre colombi ? –

La donna: – Mi pare che Lei abbia del tempo da perdere. –

Io: – Allora siamo in due –

No perché io, se voglio le posso dare la multa! –

Lei è un Vigile in borghese ?

No sono di Legambiente, ma posso chiamare un Vigile e farle dare la multa.

Allora vada pure a chiamare un Vigile.

E mentre la donna andava in là, io sono andata di qua e i colombi rifocillati sono volati ai nidi.

All’indomani però sono andata in via Mazzini dove c’era la sede di Legambiente e ho fatto una tale scenata che a quelli di Legambiente gli è passata la voglia di perseguitare i colombi per conto terzi.

E’ cominciata così la mia piccola guerra privata in favore dei colombi di Parma, che oggi sono sempre perseguitati dal Comune, ma dal Comune e basta perché  dopo Legambiente hanno smesso anche le guardie Provinciali e anche i Questurini. Perché non è da credersi ma anche i Questurini erano stati allertati a perseguitare i colombi.

I Carabinieri no, si sono sempre tenuti fuori da questa vicenda triste per i colombi, ma forse ancora più triste per l’uomo che arriva a perseguitare un uccello che pesa due etti.

D’altronde in questo mondo sovraffollato di uomini, invece che trovarne di più, diventa sempre più difficile anche trovarne pochi, di Signori nell’anima.

Il signore nell’anima è uno che ha in se la grandezza del monarca illuminato nei riguardi di tutti gli altri esseri viventi e la tolleranza di un monarca illuminato nei confronti dei loro difetti.

E’ un po’ difficile da spiegare a parole, ma lo posso fare più agevolmente raccontando come e dove ho trovato uno di questi Signori.

Avevo preso l’autobus perché il borsone a ruote carico di borsine piene di granturco spezzato e in grani, quella mattina mi pesava troppo.

Ero stanca già alla partenza e avevo già fatto il giro in macchina delle piazze in periferia.

Mi sarei seduta volentieri sull’autobus, ma non ci era un posto libero e sono finita davanti, vicino alla cabina del conducente.

Lì c’era anche un’altra donna.

A metà di via della Repubblica si vede in mezzo alla strada un colombo che becca disperatamente.

–  Vedrà  arrivare l’autobus!  E’ troppo grosso, non può non vederlo! E poi fa rumore l’autobus, almeno lo sentirà ! –

Questi i miei pensieri mentre il mezzo è quasi sopra l’uccello che non se ne và .

E il guidatore frena l’autobus in corsa.

La donna vicino a me si aggrappa come me alle canne metalliche per non cadere e mentre io sto formulando mentalmente un ringraziamento da dire, lei mi precede e inveisce: – Li doveva uccidere quelle brutte bestie che sporcano !! –

Il guidatore si volta, la guarda e flemmatico:

Intant l’era vò , e po’ cla pensa se al Sgnor l’aviss fat voler il vachi…

Che tradotto in italiano dal dialetto parmigiano suona:

Intanto era uno e non tanti e poi pensi se il Signore avesse fatto volare le vacche…

      Perchè l’autista dell’autobus ha sottolineato l’errore commesso dalla donna malvagia?

Perchè sapeva, come lo sapevo anch’io, che non era un errore.

A quelli che odiano i colombi non piacciono neanche i numeri.

Preferiscno restare nel vago con definizione allarmanti e in presenza di una trentina scarsa di colombi parlare di “moltitudine incalcolabile”.

O meglio ancora di un’ “INVASIONE PERICOLOSISSIMA”, per le grondaie per i monumenti e per NOI!!!

Ma allora com’é che noi Italiani che abbiamo convissuto con i colombi per secoli non siamo una razza in via d’estinzione?

Ma al contrario siamo passati dalle poche migliaia dell’antichità agli odierni sessanta milioni ?!

E che abbiamo convissuto a stretto contatto con i colombi, allevandoli addirittura in casa fino all’altro ieri ce lo racconta in modo magistrale lo scrittore Lorenzo Sartorio in uno stralcio del Suo IERDLA’, che in dialetto parmigiano significa appunto l’altro ieri.

Il male non è soltanto di chi lo fa: è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce.

La mia guerra in solitario

Per la verità, di essere sola a combattere contro, il Comune, non mi piaceva affatto.
Mi ero contentata di avere neutralizzato Legambiente.
Avevo una buona dialettica: ho fatto anche l’Agente Immobiliare.
Ma riuscire a trasformare la donna dello scontro in piazza, da persecutrice in collaboratrice, era impensabile…
Tentai con ENPA Ente Nazionale Protezione Animali.
Erano animali anche i colombi, no?
– No..- Mi disse anche la Signora cortese che allora dirigeva l’ENPA.
– Vorrei, ma non posso. Il Comune mi ha promesso il Gattile. Non posso andargli contro. Comprende?-……
Malvolentieri ho compreso.
Effettivamente la Signora ebbe il Gattile e anche uno splendido Canile, dove i cani erano tenuti bene sul serio.

  LIPU

Mi ha risposto al telefono un ragazzotto che faceva servizio Civile invece di andare Militare.
Laconico:-Noi solo selvatici.-
Sorpresa ho detto:-Ma i colombi, non lo sono?-
Risposta lapidaria:-No, nel Medioevo hanno avuto dei padroni.-
Ho riattaccato e poi cogitabonda io- Columba livia domestica domestica…..domestica….
Allora ho sentito la voce di mia Nonna.
Mia mamma non poteva, doveva lavorare per mantenere me e mia nonna perché mio padre non c’era più da quando avevo tre anni.
Era mia nonna a portarmi in piazza col passeggino per andare a dare da mangiare ai colombi..
Al ritorno, una volta, si era fermata sullo stradone, si era seduta su una panchina e aveva voluto raccontarmi la loro storia.
E aveva cominciato proprio col dire, come il ragazzo della Lipu: –
Sai, Luisina, una volta tanto tempo fa, i colombi avevano avuto dei padroni.
Erano i Re, i Principi, tutti i Signori che erano padroni di Paesi e Città.
Si scambiavano in dono i colombi, così quando gli uomini cattivi circondavano le mura della Città e non facevano più uscire nessuno
e in Città, dopo un po’ non c’era più niente da mangiare, i colombi venivano liberati con attaccata alla zampetta un messaggio per chiedere l’aiuto degli amici distanti che li avevano regalati.
E loro volavano, volavano, i colombi, senza stancarsi mai, pur di tornare al loro nido.
Così gli amici distanti venivano a separa degli uomini cattivi e venivano a salvare gli abitanti dal morore di fame.
Mia nonna evitatava di dirmi che la gente, piuttosto di morire di fame che è la morte più terribile che ci sia, apriva le porte della Città al nemico e ci veniva il sacco.
Si può raccontare il sacco di una Città a un bambino?

La massima di Tucidide sul bene e sul male però non me l’ha insegnata mia nonna..
L’ha fatto mia madre e non a parole.
L’ho imparata da Lei guardandola vivere..
I colombi avevano avuto dei lontani padroni?
Ma ce li avevano ancora i padroni!.
Erano dei cittadini di Parma che prendevano le multe pur di aiutarli a vivere..
Erano ancora miei, anche se ero andata a stare in campagna!
Se ci fosse stata Lei avrebbe detto:- Luisa, dobbiamo fare qualcosa.-
Io non sono mai stata all’altezza di mia madre, ma ce l’ho messa tutta e studiata la situazione, da fare c’erano due cose.

Scrivere naturalmente un sacco di ragioni balorde al Comune.
Balorde, ma educate e questo è il difficile.
Ma praticamente bisognava dargli da mangiare, ai colombi.
E anche quel problema era difficle da risolvere per il fatto che, quei boia dei colombi, con la loro aria da uccelli per bene, sono territoriali come i leoni.
Sfamare quelli di Piazza Garibaldi, con quelli della Steccata che guardano da lontano e a loro niente?
Ho invidiato la gente che questi problemi non se li pone, niente la agita……….no credo che questo tipo di gente venga agitata del desiderio di molti soldi.
Meno male che io, ai soldi e a tutto quello che ne deriva, ci tengo fin li.
Dunque c’era da comprare granoturco intero e spezzato della migliore qualità,
perché un paragrafo dell’Ordinanza, in modo farisaico, diceva no, al pane che gli faceva male ai colombi……meglio niente.
Non si poteva dare esca al Comune con un cibo che non fosse appropriato.
Poi c’era il trasporto.
Sono arrivata prima io di Bertolini BRT con la logistica.
Bertolini in lucro, io in perdita, ma la primogenitura resta mia.
Facevo e faccio il giro della Piazze dove si può arrivare con la macchina; poi quello a piedi del centro storico.
L’ideale è stato farlo con il passeggino e non solo perché si fatica meno che con la borsa a ruote e si trasporta di più.
Al posto del bimbo, un sacco pieno di granoturco: con la capottina abbassata ero una nonna col pupo.
Frenate osseauienti di macchine anche quando non passavo sulle strisci.
Avessero immaginato che si fermavano davanti alla logistica dei colombi, certi mi avrebbero fatto la pelle.!
E mi veniva da sorridere vedendo tutto quell’ossequio all’infante perché mi tornava in mente quello che avevano scritto Longanesi o Flaiano
sul bambino che fa presto a trasformarsi nell’uomo che non paga le tasse e ti taglia la gola.
E credo che il nodo che strangolerà il Pianeta, sia proprio questo: l’ossequio nonostante tutto, alla nostra razza.
E non c’è niente da fare, quel nodo continuerà a stringersi sempre più.
Ci vorrebbe un Alessandro Magno che lo tagli con la spada, come fosse un nodo Gordiano.
Ma un uomo che abbia un tale potere e sopratutto una tale volontà, non ci a sarà mai, perché anche lui sarà un uomo.

Jerdlà

di Lorenzo Sartorio

Le poche rimaste sembrano torrette di avvistamento.

Sono le care, vecchie colombaie di un tempo alcune delle quali sopravvivono ancora in qualche antica corte di casa nostra.

Un tempo, quando la carne si mangiava tre, massimo quattro volte all’anno (Natale, Pasqua, Sagra e forse giorno della trebbiatura), la gente aveva la necessità di provvedere al fabbisogno familiare con mezzi propri come il pollaio che forniva le uova quotidiane, gallein, capponi e conigli per le feste canoniche, la “porcilaia” dove si teneva ben costudito il “gozén” (maiale) che, nel parmense, una volta ucciso diventa “nimäl”: una sorta di “animale sacro” del quale non si getta via nulla ed infine, per chi l’aveva, la piccionaia dove si tenevano quei piccioni la cui carne è ottima per taluni piatti tipici come le bomba di riso che le “rezdore” di una volta mettevano in tavola il giorno della Sagra ovviamente dopo gli immancabili anolini in brodo.

Le colombaie erano costruzioni rurali a forma di piccole torri rialzate sulla copertura di un edificio maggiore. Maurizio Arduin nel mensile “Vita in Campagna” così le descrive: “all’interno delle colombaie erano presenti piccoli vani ricavati nello spesso dei muri o appositamenti realizzati. In questi vani erano ospitati i nidi costruiti da scodelle in terracotta rivestite di paglia. Le colombaie non avevano finestree e l’accesso esterno era garantito da piccole aperture attraverso le quali potevano passare solo i colombi. Queste aperture erano sempre posizionate a levante (est) o a mezzodì (sud)”.

Inoltre il piccione, oltre aver rappresentato una buona riserva alimentare per la famigliare contadina di ieri, non procurava alcun danno ai campi in quanto, a differenza di altri uccelli domestici, non razzola e non scopre i semi messi a dimora.

Ma come sono sorte le colombaie di cui anche nel nostro contado esistono ancora alcuni esemplari come uno molto bello, possente e significativo sulla strada che conduce a Traversetolo la cui torre svetta ancora con quelle minuscole feritoie dalle quali un tempo uscivano i piccioni?

Lo studioso afferma che l’origine delle colombaie a torre risale al medioevo quando era esclusivo diritto dei nobili costruire colombaie a “piede fermo” e cioè con solide fondamenta di pietre. Ai contadini e al volgo era concesso solo di realizzare colombaie “volanti” cioè sostenute da pali.

Ma con il tempo le case coloniche poterono attrezzarsi di piccole torri adibite a colombaia e molto spesso furono ampiamente utilizzati anche i sottotetti.

Di colombaie ne esistevano di diverse forme e stili: alcune rispondevano a criteri archettonici raffinati che seguivano lo stile del palazzo patrizio ove sorgevano.

Le caratteristiche peculiari di queste colombaie erano le aperture di involo decorate con piccoli balconcini a volte proprio per testimoniare l’importanza della famiglia che le possedeva. Altre erano torri vere e proprie di forma circolare che rispondevano a necessità pratiche: evitare le scalate di predatori come i topi ed inoltre potevano ospitare al loro interno una scala a chiocciola, salendo la quale, il contadino poteva raggiungere con facilità i vari nidi. Ma a proposito di predatori, essi non erano solo topi o altri animali: il più delle volte, chi faceva razzia dei teneri piccioni novelli, erano robusti “predatori a due gambe” i quali, con il favore delle tenebre e muniti di un grosso sacco di iuta, facevano irruzione nella colombaia cercando di riempire il loro sacco.

Fortuna per loro se il contadino non se ne accorgeva o aveva il sonno pesante; in caso contrario il tutto si risolveva con sonore legnate ed un fuggi-fuggi generale.

Molto diffuse erano le torri colombaie che spiccavano sulla parte centrale delle casa colonica come nel caso di quella sulla Strada di Traversetolo. A volte le aperture di involo erano realizzate sui muri della torre disegnando un caretteristico ricamo altre volte, invece, le torri presentavano un’unica apertura tale da confondersi con i balconi e le altre finestre dell’abitazione.

Più recenti, invece, sono le colombaie ricavate nei sottotetti (granär), ma esistevano anche colobaie ubicate in rustici annessi alla casa dove trovavano posto: lo “stabio” per il maiale, il pollaio e la conigliera debitamente “protetti” da una grossa pianta di noce o di fico.

Oramai le colombaie funzionanti sono ben poche e quel senso di abbandono che si prova nell’incontrare rustici e stalle deserte non depone certo a favore della nostra civilità anche perché, quelle torrette dentro le quali instancabilmente andavano e venivano i piccioni tra batter d’ali, leggiadri voli di piume e odore di granaglie, stavano ad indicare che in quella corte c’era lavoro, ma soprattuto c’era vita. Erano, insomma, comunità con cuore ed anima.

Casa di via Traversetolo con torre colombaia sulla facciata

Che fossi sola a combattere contro il Comune però non è del tutto esatto.

Lo dimostra l’ultima filastrocca delle 140 che raccontano la mia vita fino a cinquant’anni.

Eccola.

Ultima filastrocca

Andiamo al Lux che è un bel Cinema fine

e parcheggiam la macchina vicino alle Orsoline.

Arriviamo al portone dell’Università

e vediamo una folla che in cerchio se ne stà.

Qualcuno tien la faccia un pochino contorta:

preoccupato?

Una donna atterrita stringe forte la borsa.

Qualcuno invece passa alla svelta e va via.

– Insomma, cosa c’è?! Dice la mamma mia.

C’è che nel mezzo stan, dei ragazzi a picchiarsi:

non fan per idere, par vogliano scannarsi.

Mia madre salta in mezzo e intanto grida a me;

ben forte, che la sentano quei bellicosi tre:

-Luisa io stò quì, tu corri via

e vai nel Cinema, chiama la Polizia.-

Non so se quei ragazzi si sian tosto fermati

perchè la Polizia, sia pur solo evocavata, li aveva spaventati.

Oppure per mia madre, forse per non colpirla:

Non eran certo buoni, però neppure pirla.

Fatto stà che la lite, da furibonda ch’era

in un botto finisce.

E’ stata dicoraggio una bella partita

mia madre col coraggio ha voluto giocare

sempre nella sua vita.

Così si è guadagnata di poter ritornare

se ho bisogno d’aiuto Lei me lo viene a dare.

Sì, è riuscita a sconfiggere la sorte:

Noi

insieme, come sempre, persino oltre la morte.

Caricavo la macchina che nevicava.

Arrivavo a Parma, smetteva di nevicare.

E così anche per la pioggia.

Ci sono stati un sacco di accadimenti positivi, comprese molte idee buone che non sono il mio forte.

San Francesco aveva chiesto all’Imperatore Federico secondo un’Ordinanza che invitasse la popolazione a dare da mangiare agli uccelli d’inverno, quando il terreno è gelato, o coperto di neve, non ci sono bacche, nè insetti.

Un’Ordinanza esattamente a contrario di quella del Comune di Parma contro i colombi.

Non poteva non intervenire e ha fatto nominare Papa chi ha preso il suo nome e l’Enciclica che inizia con Laudato sii mi Signore;;;;;;;;

Il cantico delle Creature di San Francesco.

E i cattolici balordi che mi insultavano quando davo da mangiare ai colombi si sono zittizi in blocco.

Poi ci sono loro, i colombi, questi straordinari portatori di fortuna, che si sono attivati per chi è arrivato in loro soccorso.

I portatori di fortuna…………andargli contro, automaticamente porta disgrazia.

Io avrei fatto un’analisi, sulla persecuzione dei colombi di Parma, sui suoi protagonisti e cosa gli è successo; ma questa è un’altra storia e ve la racconto la prossima volta.

I COLOMBI NEL MEDIOEVO

Con le storie narrate fin qui si è dimostrato che i colombi detti anche piccioni hanno portato fortuna ai nostri progenitori in diverse maniere.

La più importante naturalmente è stata quella di salvargli la vita e gli averi, perchè quando finivano i viveri nelle città assediate piuttosto di subire la lunga tortura orribile della morta per fame, aprivano le porte al nemico e ci veniva il cosidetto “SACCO”.

I nemici mettevano tutto a ferro e fuoco, torturavano anche gli abitanti per farsi dire dove avevano nascosto i preziosi.

Incendiavano e la prima a cui appicavano il fuoco era solitamente la Chiesa.

Che dono meravigliso aveva fatto Dio all’uomo creando i colombi e da questo fatto nacque appunto il detto: “quando i colombi volano intorno al campanile, quel paese e quella città sono benedetti dal Cielo“.

Ma non si contentavano di salvargli la vita e gli averi, i colombi, ai nostri antenati; li aiutavano anche ad arricchire, e parecchio.

Nell’isola di Tinos nell’arcipelago greco, lì, a metà strada tra la madrepatria e l’Oriente i Veneziani avevano installato il loro ufficio postale: SEICENTO COLOMBAIE.

TINOS, NELL’ARCIPELAGO DELLE CICLADI

A meno di mezz’ora di traghetto dalla movida greca, un’oasi di pace, acque cristalline, chiesette e monasteri, villaggi caratteristici e seicento colombaie di epoca veneziana.

E’ difficile dire in che misura i progenitori dei colombi di piazza S.Marco abbiamo contribuito al successo commerciale di Venezia; ma se i Veneziani curavano addirittura 600 colombaie a metà strada tra Occidente e Oriente, l’utile doveva esserci. Quindi è anche merito dei colombi se dal mare, a Venezia, non spuntano semplici chiese o palazzi, ma gioielli di archiettettura che tutto il mondo ci invidia e vuole almeno vedere.

Eppure un giorno di un po’ di anni fa, una donna con una faccia poco bella, ma molto seria, apparve nel notiziario del Tg1 a dire: – i colombi di piazza S.Marco stanno distruggendo il marmo delle statue con il becco. –

I colombi hanno il becco inetto a rompere un crostino!

Certi non sapendolo glieli gettano; ma i colombi ne vengono a capo solo facendoli saltare per ore, riuscendo così a beccare i frammenti che si staccano man mano.

Era un po’ che la televisione la guardavo male.

A volte addirittura con ostilità.

Non sono nottambula e la roba passabile e i bei vecchi film li davano solo a notte fonda.

La plateale menzogna sui colombi di Venezia me l’ha fatta spegnere definitivamente.

L’annucio televisivo però ha avuto il seguito prevedibile.

A Venezia un sindaco, che mi pare fosse veneziano, comminava ai colombi la morte mediante la tortura della fame.

Ma si poteva distruggere un luogo reso immortale dalla definizione di Jean Cocteau: *la piazza unica al mondo dove i leoni volano e gli uccelli camminano!*

Piazza San Marco e i colombi sono sempre stati un connubio inscindibile e di fatti i bambini di tutto il mondo, clima e acqua alta permettendo, hanno ripreso da tempo a giocare con i colombi.

Lo posso fare anche a Reggio Emilia, nella piazza principale.

A Reggio dopo aver recepito la normativa regionale, con 15 anni di ritardo rispetto a Parma, hanno voluto ripristinare quell’importante insegnamento ai piccoli, che nonne e mamme possono fare con i colombi: di rispettare e aiutare i più deboli.

A Parma invece, che emise l’ordinanza addirittura nel 1994, nella città dove sono nata e dove mia nonna mi portava in piazza a dare da mangiare ai colombi intanto che mi insegnava la loro storia…………

………Storia che mi diceva mia nonna, sapevano anche quelli che non avevano studiato.

E siccome tutti si ricordavano che i colombi avevano salvato le città dal ferro e dal fuoco, i commercianti di granaglie vuotavano le rimanenze dei sacchi ai colombi e anche una palettata di granturco se non ce n’era abbastanza nei sacchi.

E sotto i portici del comune, che allora si chiamavano del grano, i colombi avevano il nido.

I fornai alla mattina vuotavano i cestoni ai colombi e se non bastavano le briciole, sbriciolavano qualche micca del giorno prima.

Sto parlando di mia nonna, non di Matusalemme.

Fino al 1994 Parma era così.

E non c’erano solo i bambini.

I pensionati trovavano una ragione per non restare a intristire in casa e riempivano un cartoccio di briciole da portare ai loro colombi.

Oggi a Parma invece, in tutte le piazze si mangia.

A Parma ormai è difficile trovare anche un borghetto dove la gente, con qualunque tempo, non mangi in strada.

Tutti, a qualunque ora, dappertutto, sono lì che mangiano.

E così  ieri a una donna, che mi diceva mentre stavo dando da mangiare ai colombi:

– Ma non lo sa che è proibito? -.

Ho risposto: – Proibito mangiare? Non mi pare proprio.-

E intanto segnavo i tavolini con la gente indaffarata a riempirsi la bocca.

Lei: – Non faccia finta di non capire, è proibito far mangiare i piccioni. –

E io: – Devono poter mangiare tutti tranne i colombi?! –

Ci scommetto che anche lei è diretta a mangiare.

Perchè non sta un po’ senza mangiare anche lei, come i colombi?!?!

Ma non lo sa che la fame è una tortura? E morire di fame è la peggiore delle morti?!

La mia interlocutrice invece di replicare alla mia filippica, se ne è andata sbuffando; così non ho potuto dirle il seguito.

La fame è una tortura – Morire di fame è la peggiore delle morti.

E’ un pezzo che gli uomini lo sanno, ha cominciato Omero a dirlo nell’Odissea.

Avendo provato con le pezze giustificative che la morte per fame è la peggiore delle morti posso proseguire con il discorso che avrei fatto alla donna incapace di compassione.

E cioè che alcuni anni orsono lo Stato italiano ha recepito dall’Europa una legge che proibisce la tortura degli animali.

E’ una legge severa che ha già trovato applicazione in diverse sentenze.

Ecco cosa dice:

Art. 544-bis del codice penale

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.

Art. 544-ter del codice penale

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. (2) 

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale. (1)

(1) Il presente articolo è stato aggiunto dall’art. 1, comma 1, L. 20.07.2004, n. 189, con decorrenza 01.08.2004.

(2) Le parole “da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro” di cui al presente comma sono state così sostituite dall’art. 3, L. 04.11.2010, n. 201, con decorrenza dal 04.12.2010.

Qui di seguito riporto l’articolo per le torture dell’astice; e quello dell’asino; e quello del gatto.

Un’ordinanza che commina a un animale la tortura della fame si pone automaticamente al di fuori di questa legge.

Com’è comoda la morte per fame, avendo come vittima chi non ha voce per lamentarsi.

Come vittima chi non inferocisce.

E’ terribile la morte per fame, con i crampi che attanagliano lo stomaco che è vuoto.

E prima di morire si perde la ragione, come dimostra questo stralcio di giornale.

In fin dei conti, io faccio semplicemente quello che chiedeva di fare San Francesco: dar da mangiare in inverno agli uccelli perchè il terreno è gelato e non ci sono più bacche e insetti.

Dei colombi S. Francesco vedeva la leggiadria, la bellezza ornamentale del volo; lui che era stato un Cavaliere e aveva fatto la guerra, ne conosceva l’utilità.

S. Francesco insomma dei colombi vedeva tutto tranne l’ano.

C’è gente moderna invece, di mentalità così ristretta che vede solo quello e ciò che ahimè ne fuoriesce.

Noi però una volta, di quella roba lì, detta anche guano, ne importavano dall’America dei bastimenti……

Ma questa è un’altra storia e ve la racconto un’altra volta.

IL MONDO RIVOLTATO COME UN CALZINO

Forse conviene essere bruttarelli fin da giovani; ci si abitua e si evita di fare la fine della Contessa di Castiglione.

Bellissima da giovane, non sopportava di vedersi brutta da vecchia e aveva fatto ricoprire con drappi di velluto tutte le specchiere del suo palazzo.

Io, più modestamente, lascio la polvere sullo specchio del bagno.

Mi dò solo il rossetto, a memoria, ma lo controllo, quandro esco, con lo specchietto della macchina che ha il pregio della visura particolareggiata; e vedo di non essere uscita dal seminato.

All’apparenza, visto che l’immagine di questa Storia è il viso della Greta Thumberg, sono uscita dal seminato non con il rossetto, ma scrivendo.

Non è così.

E’ stato da un articolo sulla Greta che ho capito come ha fatto a scomparire la parola VECCHIAIA.

La Greta ha sedici anni (diciassette da poco) ma il giornalista la chiama bambina.

Il vocabolo VECCHIAIA è scomparso per DILATAZIONE

Bambini fino ai sedici.

Dai sedici ai trenta: giovanissimi.

Dai trenta ai cinquanta: giovani.

Dai cinquanta ai settanta: maturi.

Dai settanta ai cento e oltre: anziani.

Sì, nell’ultimo articolo che ho letto c’era un aniano di ottantanove anni.

Qui occorre il dialetto parmigiano: “Ma quand l’é cal dventa vec?”

Ritratto giovanile della bellissima contessa di Castiglione

Ritratto giovanile della misteriosa signora dei piccioni.

Ritratto giovanile della misteriosa signora dei piccioni

Quadro 19

Autoritratto in età ancor più giovane della medesima

Ritratto a un anno sempre della medesima

Ritratto a un anno sempre della medesima

Tornando alla piccola Greta, essa arriva dalla fredda e lontana Svezia per sobillare i suoi coetanei; ma soprattutto per insegnare agli adulti a stare al mondo.

Ma da che mondo è mondo, son sempre stati gli adulti ad insegnare ai giovani!

Stan rivoltando il mondo come un calzino!

A me personalmente la Greta non può insegnare niente perché ci han pensanto i miei a tirarmi sù nel rispetto di tutto quello che mi circondava.

Tutto il Creato, così caro a San Francesco e al Papa che ha voluto chiamarsi Francesco; ma che dovrebbe essere caro a tutti, dato che ne dipenden la nostra vita.

Eppure quanti in Italia la pensano così?

Una minoranza sparuta purtroppo.

Ed é la maggioranza i adulti, anziani e vecchi che pensa solo ai soldi ad essere colpevole.

La Greta col faccino rannuvolato ha coraggiosamente sgridato i politici: “voi ci guardate e non capite!”

Cara Greta, capiscono benissimo; ma in democrazia i politici ono un conglomerato di numeri: la somma dei loro elettori.

Senza quei numeri tornano ad essere impotente unità.

E some si fà ad impedire l’uso dei diserbanti che occorrono per avere una REMURAZIONE, ovvero i SOLDI?

Pare che diserbare un fosso con il decespugliatore costi di più che a farlo con il diserbante.

E allora giù col veleno che avvelena la verdura, col veleno che uccide api e altri insetti benefici, col veleno che inquina la falda acquifera per arrivare fino al mare!

COMANDANO I SOLDI

E i soldi ce li hanno in mano gli adulti, gli anziani e i vecchi.

I giovani possono strillare e piangere, ma sono i vecchi che comandano e sembrano ciechi e sordi.

E pensare che sarebbe così semplice rivoltare come un calzino invece del mondo i REGOLAMENTI CHE ALL’APPARENZA SONO A FAVORE DELL’UOMO PENALIZZANDO LA NATURA.

Posso fare un modesto esempio con il Regolamento del Paese dove sono venuta a stare.

“Le siepi verdi non devono uscire dalle recenzioni”.

Il verde che ci aiuta a vivere trasformando l’anidride carbonica in ossigeno, trattato come una bestia feroce.

Un Regolamento persino in contrasto con il Codice della strada che parla di ” non invasione della carreggiata”.

Ho dovuto fare due cause e un Ricorso al Prefetto per difendere la mia siepe multata dal Comune.

Tornare indietro.

Al tempo in cui si facevano arrivare dal Sud America, dei bastimenti carichi di guano.

Attraversavano l’Atlantico queste navi stracariche di deiezioni di uccelli, ma nessuno si ammavala.

Ancora oggi, nei Consorzi Agrari è in vendita la pollina che altro non è se non deiezioni di polli.

Chissà perché, un po’ d’anni fa, le deiezioni dei colombi detti anche piccioni, sono diventate improvvisamente pestifere.

Quando ce li avevamo addirittura in casa, i colombi, non si ammalava nessuno.

              Poveri moderni, coi vostri Regolamenti che sembrano a favore dell’uomo e sono invece in tanti modi contro l’uomo!

Tornate indietro, al tempo del guano!

E la piccola Greta, in fondo, sulla sua barchetta a vela, ha fatto il percorso inverso dei bastimenti del guano ed è andata a scaricare un po’ di merda verbale in America, patria dei Monsanto e dei Bolsonaro.

BRAVA!

Ancora sulla fame perchè pare che la gente che mangia a sazietà tutti i giorni, la fame non sappia cos’è.

Evviva la Torre di Pisa che pende che pende e mai non cadrà.

C’è poi un altro detto che ai pisani non piace: “E’ meglio avere un morto in casa che un pisano alla porta”.

Quando sarà stato coniato questo detto pestifero nei confronti dei pisani?

Prima del 1200 o dopo il 1200?

Perchè nel 1289 i pisani condannarono a morire di fame chiusi in un torre, il conte Ugolino della Gherardesca, i suoi figli e i suoi nipoti.

Sì, anche i bambini furono condannati a morire di fame.

Scrivere morire di inedia è più elegante che scrivere morire di fame.

Così scrive Wikipedia su questa tragedia.

Ma con o senza eleganza la fame è come una bestia feroce che ti fa a pezzi lo stomaco per cibarsene.

Si dice infatti essere divorati da una gran fame: è così feroce il tormento che prima di arrivare a morire si impazzisce; pare infatti che il conte Ugolino sopravvissuto ai suoi familiari, impazzito, se ne cibasse, tentando di sopravvivere.

Sembra quasi offensivo dopo aver parlato della morte atroce di uomini e persino bambini paragonarci la fame di quel colombo protagonista della storia vera del signore alla guida di un autobus.

Il filosofo Cartesio amava dire che le bestie sono macchine e il loro pianto, il loro guaito sono lo stridere di macchine poco oliate.

Gli conveniva, dato che faceva della vivisezione, per studiare la circolazione del sangue.

Per comodità di “lavoro” era andato a vivere nella zona dei macelli.

Cartesio, così ricco di cervello da inventare gli assi detti appunto cartesiani e così povero nel cuore.

Ma la regina Cristina di Svezia, invitandolo, senza volere, vendicò tutte le vittime animali di Cartesio: lo fece morire di freddo nel suo immenso castello nordico riscaldato da camini.

“Non parte mai una nave di qua a portarmi via….”

Così scriveva disperato Cartesio ai suoi amici lontani.

Se avesse voluto la regina Cristina una nave l’avrebbe fatta partire.

Una svedese come la Greta ha vendicato tanti animali torturati in una maniera diversa dalla fame. E’ così siamo tornati a parlare della fame degli animali, identica a quella degli uomini.

Perchè anche il colombo della storia era impazzito: non voleva abbandonare quella briciola, anche a costo di essere schiacciato dall’autobus.

se quella che han comprato per due milioni di euro non ne fa almeno due come questa mamma, allora sì!

MILANO — Un rarissimo Michelangelo? Un diamante da record? Un uovo di Fabergé appartenuto allo Zar Nicola? Niente di tutto questo.
Il pezzo più pregiato delle aste autunnali 2020, a sorpresa, è un piccione.
Non un piccione qualsiasi, ma New Kim, giovane femmina di due anni allevata in Belgio dalla “scuderia” di Gaston Van de Wou-wer, l’Enzo Ferrari dei colombi viaggiatori.
Venduta dopo 30 minuti di rilanci mozzafiato per 1,6 milioni di euro – record per un pennuto di questa specie – a “Superduper”,
pseudonimo di uno sconosciuto allevatore cinese che la ritirerà dalle competizioni (ad oggi era imbattuta) per destinarla a una dorata pensione da riproduttrice.
L’assegno firmato per New Kim cancella dal Guinness dei primati gli 1,2 milioni spesi lo scorso anno per Armando, fresco vincitore delle Olimpiadi del piccione,
e conferma che le vere passioni, anche quella per questi incredibili uccelli, non hanno prezzo.
«I colombi sono figli di tremila anni di storia, li usavano gli egizi – racconta Adelmo Bonvicini, presidente della Federazione colombofili italiani -.
Hanno combattuto migliaia di guerre e hanno due statue dedicate in Belgio».
Oggi (per fortuna) i tempi sono cambiati.
Si combatte meno, sono arrivati telefono e mail.
E i piccioni viaggiatori hanno smesso di fare i postini per dedicarsi alla carriera ben più lucrosa – per i loro proprietari – di corridori professionisti.
«Ci sono le gare di velocità da 100 a 400 km di lunghezza.
Il mezzofondo da 400 a 600 e il fondo che può andare oltre i mille», spiega Bonvicini.
«Appuntamenti dove i montepremi arrivano a centinaia di migliaia di euro», spiega Giacomo Dell’Orno di Ornis Italica.
Il lavoro sporco, in gara, lo fanno i volatili. Vengono portati lontani da casa loro e mollati a se stessi (ai nastri di partenza ci sono fino a 5 mila concorrenti).
E grazie a un istinto che nemmeno la scienza sa spiegare – «si orientano con sole e magnetismo terrestre», dice Bonvicinii, «no, con sole e olfatto» per Dell’Orno – riescono a rientrare infallibilmente, al netto di attacchi dei rapaci, al loro domicilio. C’è chi lo fa velocissimo come il fenomeno olandese Caballero, record-man mondiale con una media di
143 km/lì in un percorso di 239 km («ma aiutato dal vento, il ritmo di crociera è 80 km/h» dice Bonvicini) e chi invece – «specie le femmine» spiega Dell’Orno – è più portato sulle lunghe distanze.
A rovinare la magia del circus della F1 dei cieli sono stati, come sempre, gli uomini.
Troppi soldi in palio, troppi interessi in ballo.
E anche il mondo semi-amatoriale delle gare dei piccioni viaggiatori ha finito per essere travolto da una serie di scandali fantozziani:
alla Shanghai rate del 2018 (160 mila euro al vincitore) due cinesi sono stati arrestati per aver trasportato i loro esemplari al traguardo -nascosti in una confezione di latte –
sul treno ad alta velocità.
Alcuni allevatori inglesi sono indagati per aver dopato con cocaina i loro campioni.
Eamon Kelly – un fuoriclasse di questo sport – è stato radiato per aver truccato il Tarbes National lanciando 14 uccelli “civetta” alla partenza ma tenendo a casa i 14 iscritti alla competizione.
Che ovviamente, non essendosi mai mossi, hanno registrato tempi da favola al traguardo.
I veri colombofili, ovviamente, sono fatti di un’altra pasta.
«Il mio campione si chiama Top Gun, ha vinto la gara di Reggio Emilia ed è l’erede di Attila» racconta paterno Bonvicini, che con un socio alleva 55 piccioni. Lui non li venderebbe per tutto l’oro del mondo. «Per Top gun mi hanno offerto diecimila euro. Ma ho rifiutato».
Anzi.
Ha speso un po’ di soldi di tasca sua e ha costruito a lui e signora una colombaia con voliera per proteggerlo dai falchi «dove sto a guardarmelo per ore».
In questi mesi è a riposo.
Le competizioni ripartiranno, Covid permettendo, a marzo. L’unico cruccio – per Bonvicini – è l’ombra lunga del 5G.
«La rete cellulare manda in tilt là sensibilità magnetica dei miei animali- dice -.
I “novelli” che si perdono ai primi voli sono sempre di più. E nessun colombofilo lancia più gli uccelli a sud di Roma perché le antenne di Radio Vaticana li mandano fuori strada».
E le tlc rischiano così per la seconda volta di spedire verso l’estinzione la gloriosa epopea dei postini volanti.

articolo di Ettore Livini, Repubblica.

in attesa di commento

REPLICA A MEZZATESTA
I COLOMBI IN CITTA’ VANNO PROTETTI ?
_Gentile direttore,
con questa mail desidero rispondere alla lettera del dottor Mezzatesta del 28
dicembre e spezzare una lancia a favore dei tanto vituperati piccioni. Il
paragone che definisce i colombi in cielo numerosi come “topi in terra” mi
sembra inappropriato e poco rispettoso degli animali, detto da un veterinario.
Il fatto che i piccioni si riproducano di più rispetto al passato è dovuto
soprattutto al riscaldamento globale che sta provocando un’estensione del
clima estivo e dalla quasi totale mancanza di predatori nelle nostre città. Il
Regolamento che tutela “il benessere degli animali” del Comune di Parma
prevederebbe un censimento dei colombi urbani in collaborazione con
associazioni protezionistiche, posizionamento di mangiatoie in siti appositi ed
eventualmente, sotto controllo, mangimi antifecondativi per evitarne la
proliferazione. Tutte cose cose io credo piuttosto disattese. I piccioni,
soprattutto d’inverno, si trovano ad elemosinare cibo e a nutrirsi degli scarti
di noi umani e questo li sottopone al rischio di ammalarsi e morire. Una volta
vivevano in apposite piccionaie , sono stati utilizzati come veri e propri
kamikaze durante la II guerra mondiale, come viaggiatori e postini, come cibo
per noi umani e infine abbandonati al loro destino. L’articolo mi sembra
eccessivamente allarmistico riguardo alla trasmissione di malattie in quanto i
piccioni non sono portatori maggiori di altri animali selvatici, come dichiarato
anche dall’illustre biologa Fosca De Vita che li studia da sempre e ha scritto
diversi trattati in materia. Se ciò fosse vero, gli abitanti di Venezia o di Milano
ecc, si sarebbero già estinti… Trattarli come untori non fa altro che fomentare
l’odio verso una specie abbastanza bistrattata che avrebbe invece bisogno di
maggiore cura e rispetto.


ANTONELLA RAVANETTI
Parma, 30 dicembre

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA FACOLTÀ DI MEDICINA VETERINARIA Scuola di Specializzazione in “Diritto e Legislazione Veterinaria”

IL BENESSERE ANIMALE
Vedasi la Convenzione europea di Strasburgo (del 10 marzo 1976) sulla protezione degli animali, adottata e ratificata dall’Italia il 14 ottobre 1985 con la legge n. 623.
In essa si legge che “ogni animale deve beneficiare di un ricovero, di un’alimentazione e di cure che — tenuto conto della specie, del suo grado di sviluppo,
di adattamento e di addomesticamento — siano appropriati ai suoi bisogni fisiologici ed etologici conformemente alle conoscenze scientifiche e pratiche”.
Successivamente furono formulate le cinque libertà che devono essere garantite a tutti gli animali allevati e non. Nella loro formulazione recitano così:
• libertà dalla fame, sete e malnutrizione
• libertà da situazioni non confortevoli
• libertà dal dolore, dalle ferite e dalle malattie
• libertà di poter esprimere il proprio comportamento naturale
• libertà dalla paura e dagli stress eccessivi
La prima libertà, in particolare, indica chiaramente che si deve evitare accuratamente che gli animali soffrano o addirittura muoiano,
perché privati degli alimenti e delle bevande. Ciò si applica anche ai “colombi di città” della specie Columba Livia (detti comunemente “piccioni”).
Al fine di controllare il numero di colonie e quindi di soggetti non è lecito privarli degli elementi nutritivi essenziali, poiché a tal fine sono presenti
in commercio dei prodotti specifici per il controllo delle nascite che non provocano sofferenza e morte, ma che semplicemente limitano la fertilità dei soggetti trattati,
in modo reversibile e momentaneo, quindi non arrivano alla castrazione (esempio: OVISTOP, ACME srl, Cavriago, Reggio Emilia).
Si ricorda che la responsabilità dello stato di salute dei colombi (fauna selvatica inurbata) è del Sindaco dei centri urbani e che a loro spetta il rispetto delle cinque libertà
sopra citate.

IL MALTRATTAMENTO ANIMALE
In particolare, la formulazione dell’art.727 c.p. prevista dalla L. 473/1993 configurava come reato “incrudelire verso gli animali senza necessità”.
Concetto e norma ribaditi anche nell’art. 544 bis c.p. Pertanto, privare i colombi del nutrimento (per proibizione o altro mezzo)
ricade nella fattispecie degli articoli del codice penale citati.

In scienza e coscienza,
Prof. Antonio Ubaldi

Angolo dell’autore…

Opere su tela di R.L.Brentana

il testamento del mio trisavolo

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